Lunedì, 22 Marzo 2021 17:22

Come “liberare” il tuo business

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Quando un’attività lavorativa rimane ancorata a vecchi schemi e paradigmi, di fatto la stiamo “imprigionando”, impedendole così di esprimere il suo potenziale.

I tempi sono cambiati e le vecchie formule stanno mostrando tutta la loro inefficacia. Occorre nuova linfa, nuove idee, nuove misure.

 

Michelangelo passava intere settimane tra le cave di marmo a Carrara per scegliere il blocco perfetto per la sua prossima creazione e non si fermava finché non trovava quello in cui, all’interno, vedeva mentalmente la forma che sarebbe dovuta emergere. Infatti, sosteneva che scolpire non era un atto di creazione, ma di liberazione; in altre parole, la statua che già esiste all’interno del blocco di marmo doveva “semplicemente” essere liberata da tutta la materia superflua che la imprigionava.

Un’azienda (o attività lavorativa) non è diversa. Essa ha già in sé tutto il potenziale per esprimere il proprio valore e la propria capacità di generare benessere non solo per se stessa, ma per tutti coloro che ne entrano in contatto in qualche modo (i cosiddetti stakeholder). Un’azienda – ogni azienda! (o qualsiasi altra istituzione umana, se è per quello) - è già perfetta così com’è, esattamente come il blocco di marmo dal quale Michelangelo avrebbe estratto la forma che aveva impressa nella sua testa fin nei minimi particolari e il lavoro di un imprenditore non sta nell’aggiungere o modificare qualcosa… ma nel togliere.

Ma togliere cosa?

La rigidità, l’ossessione per il controllo, la pigrizia mentale, il vittimismo, la cultura della scarsità, il dubbio, la mancanza di chiarezza (su obiettivi, strategie, valori, scopi, ecc.) e decine di altre cose che potremmo raccogliere nella definizione, molto semplicistica, di negatività. Quando parlo con un imprenditore delle problematiche che sta affrontando con la sua attività, solitamente si sofferma su tutto ciò che non va, che non ha o che non è come (secondo lui) dovrebbe essere. Quando poi gli chiedo di cosa va particolarmente orgoglioso, quasi sempre si sofferma sugli aspetti operativi della sua azienda: la qualità, la competenza, la gestione delle risorse materiali, le attrezzature, l’organizzazione…

Ecco il problema. Gli aspetti tecnici, meramente operativi, di un’azienda sono solo strumenti che l’imprenditore ha a disposizione per esprimere nei fatti il potenziale della sua attività, così come martello e scalpello erano gli strumenti che Michelangelo aveva per liberare la sua forma dal blocco di marmo. Puntare tutto su quelli sarebbe come se un critico d’arte, guardando i capolavori del Maestro, concludesse che egli è stato grande solo grazie ai favolosi attrezzi che usava!

In realtà, se dietro una forte struttura aziendale (aspetto tecnico-operativo) ribolle nel sottofondo quella negatività a cui mi riferivo, che in sostanza significa non essere focalizzati sulla perfezione “genetica” della propria azienda, ma sulle sue carenze creative, non solo quegli strumenti non riusciranno a liberare il suo potenziale, ma andranno ad aggiungere ulteriore zavorra, intrappolandola sempre di più.

Certo che occorre fare i conti con la realtà e vedere ciò che non funziona, ma non da una prospettiva di carenza, bensì di consapevolezza del valore intrinseco ed unico dell’azienda. Allora sì, che la struttura aziendale (lo strumento) contribuisce a liberare l’impresa da tutto ciò che la sta tenendo a terra. Se si parte dal presupposto che un’impresa sia già intrinsecamente perfetta, la domanda che sorge spontanea è: ma che aspetto avrebbe un’azienda che riesce ad esprimere il suo pieno potenziale? È un’azienda in grado di funzionare in piena autonomia, esattamente come un’auto porta il passeggero dove desidera senza alcun intervento da parte sua.

Questo è semplice da capire parlando di un auto, ma riferito ad un’azienda rischia di assumere connotati semplicistici o teorici, nella migliore delle ipotesi. Eppure, è questo l’inevitabile destino delle aziende in un futuro che è già qui, ma che si deve rivelare gradualmente. Intanto, va detto che la chiave di questa evoluzione è del tutto culturale. Questo passaggio non prevede né grandi investimenti economici né particolari sconvolgimenti strutturali od organizzativi. La vera sfida sta unicamente nel cambiare la visione che normalmente si ha dell’azienda e nelle resistenze interiori che questo inevitabilmente comporta.

Il vecchio modello meccanicistico e gerarchico dell’azienda non funziona più e se non fosse per le resistenze culturali a cui accennavo, l’avremmo già tutti abbandonato da un pezzo. Il nuovo modello è quello di un’organizzazione (non solo un’impresa produttiva, quindi) non più diretta da regole, procedure e gerarchie, ma che segue un imprinting genetico che le consente di funzionare come un organismo, quale di fatto è. Potremmo definirla un’organizzazione a guida autonoma, ispirata all’unico modello di successo perpetuo, qual è la Natura.

Ecco 7 vie per predisporre questo nuovo modello aziendale.

1. Sviluppare una visione sistemica dell’azienda

Questo punto meriterebbe ben altro spazio, ma in sostanza si tratta di maturare la consapevolezza che la realtà si sviluppa su più livelli e che non è sufficiente intervenire unicamente su uno, quello strutturale (operativo), come avviene solitamente. Va inoltre compreso come questi livelli interagiscano fra loro, andando a rafforzarsi, ovvero indebolirsi, a vicenda.

2. Creare condizioni virtuose

Il modo standard, meccanicistico, di affrontare una sfida o un problema è aggredendoli, per indebolirli o rimuoverli del tutto. Occorre invece individuare e lavorare sulle reali cause per creare le condizioni che producono effetti diversi. Il focus va spostato dal risultato (effetto) al processo (causa).

3. Coinvolgere tutte le parti in causa

Le risorse, umane e non, di un’azienda non sono lì per caso: assolvono uno scopo preciso. Non vanno quindi confinate all’interno di un compito o di un incarico, ma potenziate, e questo lo si fa sia con la formazione sia facendole sentire parte integrante di uno straordinario processo evolutivo. Lavorare sullo sviluppo di una relazione più solida non è soltanto un’esigenza psicologica, ma una precisa priorità sistemica.

4. Lasciare il controllo alle dinamiche

Va accettata l’idea che nessuno ha alcun controllo su chi- o checchessia. I sistemi sono governati da dinamiche che non possiamo cambiare, ma che possiamo imparare a conoscere ed a lavorarci su. Comprendere la natura dei sistemi ed agire in conformità ad essa è il solo modo sostenibile per assumere un autentico controllo che riduce crisi e conflitti.

5. Sviluppare una forte identità

Non stiamo parlando di branding inteso come l’ennesima trovata per promuovere l’azienda, ma di prendere coscienza del valore generato, derivato non solo dal prodotto o servizio offerto, ma anche dai valori, gli scopi, le finalità, i tratti distintivi, il contributo, la relazione, ecc. che la rende assolutamente unica ed irripetibile. Questo produce ciò che potremmo definire una forma di autostima aziendale.

6. Puntare alla prosperità

Ancora oggi, il fattore economico di un’azienda è quasi il solo di cui un imprenditore tiene conto per valutarne la salute. Essendo questo un mero effetto, però, non potrà mai considerarsi un indice di reale benessere. La vera prosperità è invece legata ad un processo che tiene conto di tutte le componenti di un’azienda e di una cosiddetta cultura dell’Abbondanza, dove il focus è posto sul potenziale che essa può e deve ancora esprimere.

7. Godersi la “crociera”

Quando si va in vacanza, si pensa spesso al viaggio come uno scotto da pagare per godersi finalmente il soggiorno. In una crociera, però, il viaggio È la vacanza. Allo stesso modo, abituati come siamo ad apprezzare solo i risultati, viviamo il processo come una seccatura necessaria per raggiungere i nostri obiettivi. In realtà, proprio il processo è il vero obiettivo e va vissuto con fiducia e serenità.

E ora, scegli bene il tuo blocco di marmo e fanne un capolavoro!

Alessandro Carli

Autore e Speaker, Esperto in Dinamiche dei Sistemi

https://www.alessandrocarli.it

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